Alta tecnologia e sinergia tra specialisti riporta
la cura della persona a nuova vita
di Piernicola Dimopoulos
Un nuovo modo di “trattare” la salute, attraverso la stretta collaborazione tra un chirurgo e uno psichiatra. Abbiamo chiesto al Dottor Dimopoulos, ortopedico, e al Dottor Camera, psichiatra, due figure professionali di alto profilo del panorama sardo, di indicarci la via.
“Al momento una delle questioni più scottanti riguarda non tanto dove va, ma dove si ferma la chirurgia ortopedica. Mi spiego meglio: è ormai dimostrato che la perfezione tecnica del gesto operatorio, che resta comunque una ”condicio sine qua non” non è sufficiente a garantire il migliore risultato clinico del nostro intervento. Certamente una buona preparazione ed una corretta riabilitazione giocano un ruolo importante nel percorso terapeutico, talvolta al pari del tempo chirurgico. Tuttavia, gli enormi progressi compiuti in queste due direzioni, hanno consentito di evidenziare il “fattore umano” del Paziente come un ulteriore ago della bilancia del risultato finale”.
Non vorrà mica dire che porteremo Freud in sala operatoria?
“Quasi: gli studi condotti su pazienti operati di protesi di ginocchio, dimostrano con una forte significatività statistica che alcune condizioni e personalità sono candidate ad un risultato clinico scadente, talvolta fallimentare”.
Non sarà tutto questo un alibi che il chirurgo si crea per giustificare i suoi insuccessi?
“Direi di no, basti pensare quanto forte sia l’impatto psicologico di un evento chirurgico, specie se questo deve portare alla sostituzione di una parte del proprio corpo, come avviene nella chirurgia protesica. Un suo vissuto “traumatico” avrà ripercussioni pesanti sul paziente, costituendo un segno talvolta indelebile per il resto della sua vita, alla stessa stregua di esperienze di guerra o di violenza, come dimostrato da studi accreditati. Inoltre, il dolore è stato ampiamente sdoganato da “esperienza dell’anima” grazie alla migliore comprensione dei complessi meccanismi biochimici che esso modifica ed innesca, favorendo la liberazione di mediatori in grado di interferire sul sistema nervoso centrale ed endocrino con ripercussioni, quindi, sull’intero assetto dell’individuo. Infine, se aggiungiamo la complessità e delicatezza del percorso post-chirurgico, nel quale il paziente deve assolutamente collaborare ascoltando le proprie sensazioni, sforzandosi di vincere le paure ed interpretando correttamente i nuovi segnali del proprio corpo che spesso seguono all’intervento, il gioco è fatto”.
Incredibile…..andiamo avanti: potrebbe essere più preciso nell’indicare i “punti deboli”?
“Volentieri: la collaborazione tra psichiatri ed ortopedici, ha infatti consentito di individuare delle condizioni a rischio; così, gli obesi, i pazienti al di sotto dei 60 anni, i pazienti con un tratto ansioso-depressivo, quelli nei quali non abbiamo una chiara correlazione tra il danno articolare e il dolore riferito od il livello di deficit funzionale, con una certa propensione per il sesso femminile, rappresentano delle categorie a rischio. Certamente non bisogna assolutizzare, ma comunque, ricordiamolo, si tratta di dati che scaturiscono da rigorosi studi scientifici che ne dimostrano la validità.
Le parole pronunciate dal Dottor Dimopoulos, ci hanno letteralmente spiazzato, portando il focus della nostra intervista dal piano fisico a quello psichico, con un collegamento tra i due aspetti dell’esistenza umana alquanto sorprendente soprattutto laddove ad evidenziarli sia un Chirurgo. Abbiamo quindi deciso di saperne di più passando la palla ad un autorevole esponente dell’alta metà del cielo”: il Dottor Alfredo Camera, Psichiatra, Psicoterapeuta e profondo conoscitore delle innumerevoli sfaccettature dell’Esperienza Umana”.
La Pisco-Ortopedia
di Alfredo Camera
“Trovo le considerazioni del collega Dimopoulos molto importanti e stimolanti rispetto al tema del risultato di un intervento di cura, nel caso specifico di chirurgia ortopedica, come benessere soggettivo del paziente, al di la della congruità anatomica e fisiologica. Può sembrare strana la cooperazione tra chirurgo e psichiatra, tra colui che cura tagliando e cucendo e colui che cura parlando, ma c’è un aspetto basilare per cui la psichiatria si correla più alla chirurgia che alla medicina interna, ed è che entrambe queste cure hanno a che fare con la singolarità individuale del paziente, nelle sue particolarità corporee come in quelle psichiche.”
“Entrambe queste discipline oltre che operare secondo linee guida e protocolli generalistici, come sempre più fa la medicina interna, si esprimono inevitabilmente come arte creativa personale del curante, che adatta la sua operatività alla specificità del territorio somatico e psichico del paziente.”
Ma nell’ambito clinico della chirurgia ortopedica, cui faceva riferimento il Dr. Dimopoulos, in particolare quella protesica, ritiene anche lei utile un affiancamento con lo psichiatra ?
“Certamente. Quello che il collega chiama il “fattore umano” del paziente, è per la psichiatria il vissuto del corpo, cioè quella esperienza di percezione ed espressione del proprio corpo che origina nella mente e condiziona l’esprimersi del corpo. Il corpo, oltre che funzionare secondo le direttive dei propri apparati anatomo – fisiologici, funziona seguendo quelle che possiamo chiamare direttive mentali, e cioè quelle dinamiche emotive e cognitive che costituiscono quel sistema che chiamiamo psiche”.
Può spiegare meglio questo concetto ? Sta forse dicendo che il corpo, nei suoi vari organi, puo essere sano o malato a prescindere dalla sua anatomia e fisiologia, ma in funzione dei processi mentali, o che può essere vissuto come sano o malato in funzione di quelli che potremmo definire giochi mentali ?
“Avvengono entrambe le cose. Situazioni di reale alterazione patologica organica dipendenti da problematiche psichiche e situazioni che chiamiamo di somatizzazione dove una problematica psichica non trova parola e si esprime attraverso quello che chiamiamo linguaggio del corpo, dove organi integri dal punto di vista anatomo – fisiologico diventano disfunzionali e causa di sofferenza per il paziente. Tutto ciò avviene attraverso le dinamiche di quell’apparato psichico che chiamiamo inconscio, che proprio nell’ambito della relazione mente corpo ha un potere più arcaico e dominante rispetto alla mente cosciente”.
In riferimento ai casi segnalati dal Dr. Dimopoulos trova che possano essere definibili come alterazioni della relazione mente-corpo o comunque come linguaggio del corpo che dice quello che la mente inconsciamente vuol dire ?
“Direi proprio di si. Intanto il dolore e i disturbi della motricità sono tra le più frequenti modalità di manifestazione dei disturbi da somatizzazione, e le particolari situazioni cliniche segnalate da Dimopoulos evidenziano dei fattori importanti della personalità del paziente e del suo stile di vita che possono mettere a rischio l’esito clinico dell’intervento ortopedico”.
In che modo vive il proprio corpo un paziente obeso e quale rifiuto inconscio può avere a muovere questo corpo anche se un intervento protesico ha aggiustato l’articolazione ? In che modo un paziente può vivere la intrusione chirurgica e la immissione di un corpo estraneo che è la protesi ? In che modo il chirurgo si è configurato come curante in tutti i sensi oltre che come tecnico raffinato ? In che modo si può costituire quella che chiamiamo alleanza terapeutica in tutto il processo di cura e in che modo nel processo di riabilitazione si lavora per rendere il paziente un cosiddetto paziente esperto e non solo un fruitore passivo?
“In tal senso è opportuna una cooperazione tra psicoterapeuta (psichiatra o psicologo) e ortopedico, sia preliminare all’intervento chirurgico che nel post operatorio”.